Fanali ed accendini. Due componenti oserei dire fondamentali all’interno d’un automobile. Potete anche solo immaginare in che volume di fatturato nuotava quest’azienda. Considerate che essa ha vissuto in prima persona il periodo del boom economico degli anni ’60.
A vederla oggi nessuno oserebbe dire che qui passò un importante capitolo storico della storia industriale italiana. Il degrado attuale ha trasformato dei capannoni avveniristici in ambienti malsani ed anche pericolosi da esplorare, un covo di disperati e drogati. Non fu sempre così.

Per comprendere la fabbrica bobbiamo prima di tutto analizzare la sua storia partendo dalle sue origini. Era la metà degli anni ’40, quando la guerra era appena finita e l’Italia ed il mondo intero si stavano curando le profonde ferite che il conflitto mondiale aveva lasciato. Era anche un periodo di grandi opportunità, fu in quel momento storico che Aimone Altissimo, giovane imprenditore nato nel paese di Portogruaro, in Veneto, si trasferì a Torino. Arrivato nell’ex capitale d’Italia con moglie e figlio, iniziò con piccoli lavori saltuari, ma in poco tempo trovò l’occasione per avviare una piccola attività imprenditoriale relativa allo stampaggio dei catadiottri per biciclette. All’epoca era un prodotto particolare e di difficile realizzazione, trattandosi di un pezzo di plastica in grado di riflettere la luce. Proprio per questo motivo era un mercato in forte espansione e dalle grandi opportunità.

Il lavoro inizialmente coinvolgeva 11 addetti con 3 macchine per lo stampaggio ed un attrezzeria. La prima sede si trovava in Via Aosta a Torino. Tra il 1953 ed il 1954 gli affari andavano benissimo, Aimone decise quindi di fare il passo successivo affiancando un nuovo locale a quello già esistente. Ormai non si produceva soltanto fanali per biciclette, ma anche per automobili. Questo comportò un enorme aumento di volumi di lavoro, tanto che Aimone fu costretto a costituire una società per azioni: la “Aimone Altissimo spa”. Nel 1957 si iniziò a produrre anche le luci di direzione ed i fanali della mitica FIAT 500!
Nel 1958 l’azienda si spostò in un capannone più grande sulla collina di Moncalieri, ma anche questo spostamento non bastò. Era come se il mercato dell’automobile fosse in fermentazione, la vendita di automobili era così elevata che non bastava più produrre semplici fanalini in plastica, da questo momento l’azienda iniziò anche a produrre fanalini in zama (lega di alluminio zinco rame e manganesio), che però richiedevano un processo produttivo molto più lungo e complesso. Una curiosità che sicuramente è interessante, il figlio di Aimone Altissimo, Renato Altissimo: è stato un importantissimo politico e imprenditore italiano, più volte Ministro e deputato. Egli ebbe senz’altro qualche funzione all’interno dell’azienda di famiglia, ma non credo sia mai stato un elemento cardine della ditta, penso invece che una volta andato in pensione il fondatore Aimone (negli anni ’70), l’azienda abbia lentamente cambiato la propria identità storica.

Eviterò di andare troppo nei dettagli su cosa accadde negli anni ’80, più che altro per non diventare troppo noioso e ripetitivo. Questo perché in quel periodo si sono viste un numero considerevole di casse integrazioni, cambi di gestione e ricapitalizzazioni. Era il periodo della grande crisi dell’automobile. Tutto finirà inesorabilmente nel 1995, con la chiusura definitiva ad inizio 1996, quando gli ultimi lavoratori rimasti vennero trasferiti altrove, e questi capannoni finiranno per sempre in un apparente silenzio. Descrivere tutto questo in poche parole può sembrare molto semplice, in realtà tra il 1980 ed il 1995 fu un periodo difficile e complesso per la Ex Altissimo.

Il grande capitolo oscuro dell’ex Altissimo sono le vittime per malattie, vittime che sono venute a galla circa una decina di anni dopo la sua chiusura. Malattie in qualche caso mortali: cancro alla vescica o ai polmoni, erano numerose le sostanze utilizzate dagli operai che potevano causare problemi dopo una lunga esposizione nel tempo: polveri di talco, colle per assemblaggio, solventi, oli minerali. Più passano gli anni ed i morti di malattia sono destinati tristemente ad aumentare, persone che hanno spesso lavorato per circa 30 anni a contatto diretto con sostanze tossiche e pericolose.

Questa è una testimonianza da parte d’una ex dipendente Angelina, 69 anni, ricorda il famigerato reparto di cromatura dell’Altissimo: “Se colpiti da sostanze tossiche ci lavavamo sotto un getto d’acqua“[…] “Vasche a cielo aperto, nessuna copertura, protezioni quasi inesistenti.” […] “Lo chiusero qualche anno dopo la mia assunzione, ma ho fatto in tempo a vederlo» […]”Erano in molti a volerci lavorare perché pagavano di più“. Ma le testimonianze non finiscono qui, eccone un altra: “Negli anni Settanta si usavano prodotti che poi sono spariti. Io ricordo che per anni ho usato una colla potentissima per assemblare il corpo del fanale al vetro. Dopo qualche anno è sparita dalla linea di produzione. Era pericolosa». Queste sono soltanto alcune delle storie che si possono raccogliere dai molti ex lavoratori ancora in vita. Oggi di questa fabbrica rimane ben poco, e da quasi 30 anni sono tanti i disperati che hanno usato questi capannoni come rifugio di fortuna.

Nel febbraio del 2015 l’ex Altissimo finì tra le tristi pagine della cronaca, quando un uomo uccise brutalmente la moglie a bastonate per poi fuggire. Essi vivevano nel più completo degrado, in un abitazione di fortuna con 4 figli. Il delitto fu d’una ferocia inaudita, scaturito dopo un pesante litigio, dopotutto la coppia viveva in una situazione di estremo disagio. L’uomo è stato poi arrestato il giorno successivo dai Carabinieri mentre cercava di far perdere le sue tracce.
Nel febbraio del 2020 si è ipotizzata la possibilità di trasformare quel che resta dell’ex fabbrica in un centro polifunzionale per commercio, servizi, uffici ed un polo sociosanitario privato. Un progetto senz’altro di grosse dimensioni, che eliminerebbe per sempre la situazione di degrado che si è andata a crearsi negli ultimi decenni. Ma la domanda che sorge spontanea è la seguente: abbiamo veramente bisogno dell’ennesimo centro commerciale? La risposta la voglio lasciare a voi lettori.
Video:
Ho realizzato un’ esplorazione all’interno della Ex Altissimo, da queste immagini potete vedere nei dettagli cosa resta ed il degrado che si è andato a creare dopo tutti questi decenni d’abbandono.